Gabriele d’Annunzio: la morte


Costretto ad abbandonare Fiume il Comandante – così verrà chiamato d’Annunzio dopo la spedizione fiumana – torna a Venezia. La delusione e l’amarezza per l’impresa fallita lo spingono a cercare una dimora più ritirata. Così decide di affittare e in seguito di acquistare la villa di Henry Thode a Gardone Riviera, sulla riva bresciana del lago di Garda. Lo seguono Luisa Bàccara – ormai compagna fedele – e alcuni legionari fiumani, qualche anno dopo lo raggiungerà anche Aélis Mazoyer, la sua governante-amante dai tempi di Arcachon.

Tra il 1922 e il 1923 si dedica nella pace del lago di Garda alla conclusione del Notturno e alla costruzione dell’ultima sua grande opera d’arte: Il Vittoriale degli Italiani, la cittadella monumentale consacrata alle sue memorie, coadiuvato dall’architetto Gian Carlo Maroni di Riva del Garda: “Spero che potremo intenderci, se ben tu sia di Riva e io di Pescara”. È l’inizio di un sodalizio artistico e di una profonda amicizia che durerà fino alla morte del Poeta.

Nel 1924 pubblica il primo tomo delle Faville del maglio e in seguito all’annessione di Fiume all’Italia il re conferisce al Poeta il titolo di principe di Montenevoso.

Nel 1926 viene costituito l’Istituto per l’edizione dell’Opera Omnia stampata da Mondadori, mentre nel 1928 esce il secondo tomo delle Faville del maglio. Grazie ai proventi dell’Opera Omnia il Poeta acquista nuovi spazi adiacenti al Vittoriale e costruisce – sempre con l’aiuto di Maroni – la nuova ala “Schifamondo” che oggi ospita il Museo “D’Annunzio Eroe”.

L’Atto di donazione del Vittoriale allo Stato italiano – già sottoscritto nel 1923 – viene confermato e perfezionato dal Comandante nel 1930: “Non soltanto ogni mia casa da me arredata – io scrissi – non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come uno dei miei poemi, come uno dei miei drammi, come un qualunque mio atto politico o militare, come una qualunque mia testimonianza di diritta e invitta fede. Per ciò m’ardisco offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane”.

Nel frattempo si dedica alla pubblicazione del Libro segreto (1935) e alla raccolta dei messaggi rivolti a Benito Mussolini durante la guerra d’Africa, il Teneo te Africa (1936). Nel 1937 viene nominato Presidente dell’Accademia d’Italia.

Gabriele d’Annunzio muore il 1° marzo 1938 alle 20.05 per emorragia cerebrale mentre era seduto al tavolo da lavoro nella stanza della Zambracca della Prioria. Alcuni anni prima aveva previsto la sua morte: “La sensazione della corda nel cervello – che è per spezzarsi, che può spezzarsi. Il senso della morte improvvisa”.