La prima guerra mondiale e l’impresa di Fiume


La guerra offre finalmente a d’Annunzio la possibilità di rientrare in Italia dopo cinque anni di “esilio”. A Genova, a Quarto e nella Capitale pronuncia accesi discorsi interventisti. La “gioia del guerriero” lo spinge a chiedere ed ottenere di essere richiamato in servizio come ufficiale dei Lancieri di Novara al comando del Duca d’Aosta. Si trasferisce a Venezia dove affitta la Casetta rossa sul Canal Grande. Lì progetta i primi voli: il 7 agosto su un Farman pilotato da Giuseppe Miraglia vola su Trieste, nei giorni successivi su Grado e Caorle, in settembre su Trento e Asiago con il grado di “ufficiale osservatore dell’aeroplano”.

Il 16 gennaio 1916 durante un giro di ricognizione con un idrovolante, pilotato da Luigi Bologna, si ferisce alla tempia destra, a causa di un brusco ammaraggio nelle acque di Grado. L’incidente gli costa la perdita dell’occhio destro, costringendolo a una lunga degenza e alla più assoluta immobilità. Da questa cecità forzata nasce il Notturno, il “comentario delle tenebre”. A Venezia conosce Luisa Bàccara che diventerà la sua compagna fino alla morte.

Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1917 vola con trentasei aerei Caproni su Pola per bombardare le postazioni militari, ma dovrà attendere la notte tra l’8 e il 9 per l’esito positivo della missione che gli fa ottenere la promozione a maggiore. Con l’ingegnere Gianni Caproni e il figlio Veniero – anch’egli ingegnere e aviatore – progetta un’altra ardua impresa su Cattaro che compirà fra il 4 e il 5 ottobre. Già nel settembre 1917 pensa a un raid su Vienna, che realizzerà solo tra un anno; nel frattempo combatte con la fanteria sul monte Veliki e sul Faiti (10-12 ottobre).

Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918 con Costanzo Ciano e Luigi Rizzo compie la “Beffa di Buccari”, penetrando nel Golfo di Fiume a bordo di tre M.A.S. per bombardare le navi nemiche e per lasciare galleggiare sull’acqua tre bottiglie coronate di fiamme tricolori.

Il 2 agosto con tredici aerei S.V.A. si dirige alla volta di Vienna, ma il maltempo li costringe a desistere. Dopo un secondo tentativo mancato l’8 agosto, il 9 d’Annunzio vola sulla capitale nemica con una squadriglia composta da undici aerei monoplani, di cui uno viene modificato apposta per lui. Lo scopo della missione è il lancio di 40.000 volantini che invitano i viennesi alla resa: “Viva la libertà! Viva l’Italia! Viva l’Intesa!”.

Il Poeta, amareggiato dalle trattative di pace, giudica la vittoria dell’Italia “mutilata” e soprattutto è costretto – nauseato – a respirare il “fetore della pace”. All’alba del 12 settembre 1919 muove con uno stuolo di legionari alla volta di Fiume, citta “irredenta”, che occupa e governa come Comandante di una Reggenza. L’anno successivo con Alceste De Ambris elabora una delle più moderne costituzioni, la Carta del Carnaro. Ma il trattato di Rapallo pone fine alla Reggenza e la città viene sgombrata con la forza dal governo Giolitti.